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Quale evoluzione per il sistema fieristico?

23-ott-2018 11.30.00 | Enrico Gallorini ITA

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Quando parliamo di modelli di business, siamo tutti consapevoli che l’intero sistema economico sta cambiando, ed in modo sempre più rapido e inesorabile il cambiamento passa attraverso la trasformazione digitale delle aziende.

Ogni struttura economica deve fondamentalmente cercare sempre di rimanere “fluida”. Questo elemento si basa non solo sui modelli economici, ma riprendendo la frase di Charles Darwin:

“non sopravvive la specie più intelligente o più forte, ma quella più capace di adattarsi al cambiamento”.

Partendo da questo presupposto, cerchiamo di capire cos'è il cambiamento e come esso debba per forza farci ripensare al modello di business delle fiere.

Alla base di tutto, come sempre ci sono i clienti.

I clienti sono cambiati: le loro aspettative, le loro esigenze ed i loro comportamenti stanno cambiando, e cambieranno ancora profondamente per effetto dell’innovazione tecnologica.

In generale nel settore fieristico molte realtà si stanno muovendo per “evolvere” lo status quo. Uno degli errori che personalmente credo aspetto “centrale” quando si parla di sistemi industriali è quello di porre al centro dei propri piani strategici il “perché” della propria attività.

Quello che considero uno degli elementi da rivedere in modo molto importante in ogni organizzatore fieristico, è legato al pensare che la “fiera” sia “uno scopo o peggio, un obiettivo nel target dei propri clienti”.

Questo elemento è determinante, perché le fiere devono ripensare il proprio ruolo: non devono più considerarsi un “obiettivo”, o uno scopo dei buyer, visitatori ed espositori, ma considerarsi essere uno “strumento”.

Questo cambiamento è “centrale”, perché significa anche “riposizionarsi” nella struttura industriale della nicchia di cui si è riferimento, con un ruolo probabilmente meno “elevato” di chi si sente l’obiettivo e lo scopo dei propri clienti (cosa che indubbiamente è stato per molti decenni), a quello di essere uno strumento (potenzialmente il migliore), affinché i propri clienti possano raggiungere i propri obiettivi. 

Da dove nasce questo cambiamento di paradigma?

L’impulso di questo nuovo ruolo delle fiere, nasce come sempre dal profondo cambiamento di percezione da parte dei clienti (siano essi espositori o visitatori). L’attenzione e la fedeltà tra espositori e buyer si sta profondamente intensificando, grazie appunto alle nuove tecnologie. Lo scambio tra espositori e buyer è sempre più integrato e orientato ad obiettivi precisi, tanto che anche le fiere devono ripensare il proprio approccio alla funzione fondamentale che hanno sempre avuto, e di cui tutti gli operatori sono certi, ossia “incontro fisico tra domanda ed offerta”.

In molti parlando di pensare alla Exhibition4.0, personalmente sono entrato relativamente da poco all’interno dell’industria delle fiere, ma con estrema umiltà, devo dire che non ho ben chiaro quale sia stato il periodo Exhibition2.0 ed Exhibition3.0.

Per questo ritengo che sia importantissimo partire dai fondamentali, che sono cambiati, e che vedono le fiere come strumento di marketing.

Per questo sono abbastanza sicuro che sia necessario un profondo e radicale ripensamento al “marketing” dell’industria delle fiere.

Indubbiamente i ricavi dai metri quadrati sono la più grande fonte di reddito che le fiere hanno, e probabilmente avranno ancora per molto tempo, ma è indubbio che con l’iper-competitività del mercato mondiale di fiere, ogni singolo player deve ripensare la propria attività pensando a nuovi elementi di ricavo.

E questo purtroppo non è né semplice, né immediato, se non si ri-pensa prima di tutto al proprio ruolo per la filiera.

Se il ruolo della fiera è quello di essere uno Strumento di Marketing, è chiaro che tutto il team che compone una organizzazione fieristica dovrà avere una approfondita cultura e conoscenza del mercato a cui si riferisce la manifestazione, compresa l’identificazione dei partecipanti target, dei segmenti principali dei visitatori, di quelli che sono i loro comportamenti nel business (in particolare il buyer behaviour), e soprattutto un chiaro e preciso schema del proprio Customer Journey online ed offline.

Gli organizzatori dovranno essere degli esperti degli obiettivi dei buyer, di quelli che sono i loro punti di debolezza, e quelle che sono le sfide che stanno affrontando, oltre ad una profonda conoscenza del mercato, perché sono questi gli elementi che vengono chiesti ad un “partner” per raggiungere i propri obiettivi.

L’approccio che dovranno avere gli organizzatori è per sua natura “olistico”, non possono più pensare che un vantaggio competitivo sia dato dal “vendere metri quadri”, perché questo forse si trasformerà in uno svantaggio nel lungo periodo.

Questi elementi sono un asset incredibile se si pensa all’industria fieristica italiana, in quanto il ruolo delle fiere è interconnesso e spesso attore principale di attività dirette con l’industria (attraverso il ruolo delle associazioni, dei distretti, dei produttori, ecc). Le fiere italiane sono spesso ben inserite nelle nicchie di riferimento, ed il loro ruolo può assumere ancora di più una caratteristica “fondamentale” se sapranno coinvolgere e portare sempre più “a bordo” i principali “player” non attraverso sconti, o favori, ma attraverso un arricchimento culturale, professionale e manageriale durante tutto l’anno.

A differenza delle fiere organizzate dalla grandi multinazionali del settore, che spesso sono iper efficienti sul piano organizzativo, ma effettivamente poco, o per nulla inserite nel mercato che servono.

 

I dati come accesso principe alle conoscenza

Sono i dati il vero driver cui gli stakeholder (espositori o buyer che siano) sono più di tutto interessati. Tra gli asset più importanti delle fiere c’è proprio il fatto di poter essere un fondamentale partner per raccogliere, elaborare, raffinare e poi distribuire i dati che nella maggior parte dei casi fanno già parte del know-how e dei database delle fiere stesse.

Le tecnologie su questo saranno un elemento fondamentale per ogni organizzatore del futuro, per mettere a leva l’incredibile quantità di informazioni, insights, elementi unici e business concreti che avvengono solo grazie allo strumento fieristico.

Quanto valgono i dati?

Possiamo pensare di chiederlo a Amazon, Google o Facebook… che grazie ai dati in loro possesso hanno costruito in pochi anni un vero e proprio impero… e siamo solo all’inizio.

Il problema molto serio, è che avere i dati non è sufficiente.

I dati non parlano.

I dati sono ostici, e soprattutto i dati senza una visione strategica servono a poco.

È chiaro che tutta la squadra di una fiera deve entrare in contatto con un’approccio olistico al dato, c’è bisogno di comprensione, pensiero critico, capacità di analisi, ed ovviamente di creatività.

Gli organizzatori che sapranno utilizzare i loro dati in modo efficace, ad esempio individuando i fattori che causano l’arrivo o l’abbandono di un espositore, o ciò che “costringe” un visitatore a partecipare ad un evento, o a non presentarsi, potranno avere degli strumenti precisi e utilissimi per la propria attività interna.

Con questa visione analitica delle scelte (Data Driven Strategy), gli organizzatori saranno in grado di plasmare gli eventi del futuro orientandoli verso le esigenze effettive dei propri clienti, pensando di costruire su questo reale vantaggio competitivo una crescita di redditività e di valore del proprio prodotto fieristico.

Dall’altra parte, questo settore si presenta come un “baluardo” della connessione umana face-to-face, quindi è proprio su questo elemento di networking che è necessario costruire una strategia basata sui dati.

Quanti top manager hanno report precisi sui livelli di interconnessione ed interazione che avvengono dentro i propri metri quadri tra i loro clienti?

Quanti del team hanno questo dato?

Quanti lo usano per formulare il piano strategico delle prossime 5 edizioni della propria manifestazione?

Ma oltre  a questo fondamentale utilizzo “interno” dei dati, è la propria posizione al servizio della nicchia di riferimento, che può vedere nella capacità di utilizzo delle informazioni, un ruolo davvero nuovo e orientato alle esigenze dei propri clienti delle fiere.

La fiera grazie alla quantità incredibile di dati disponibili e soprattutto attraverso una visione molto più ampia del proprio bisogno di dati, può svolgere il proprio nuovo ruolo di "strumento".

Le fiere possono ritagliarsi il ruolo attivo di influencer della propria industria, insieme ai grandi player di riferimento ed ai leader.

Nessun leader da solo può avere i dati di una industry, tranne le fiere. Se le fiere sapranno utilizzare questo potere in modo adeguato, potranno pensare di avere enormi ricavi da questa variabile.

La tecnologia, i dati, la roadmap e soprattutto gli esempi di successo per sviluppare queste nuove dinamiche in futuro, sono già disponibili.

Quello che manca forse è il riconoscimento che la fiera è uno strumento, non uno scopo, e forse che gli organizzatori devono immaginarsi sempre di più come direttori di orchestra, che come musicisti…

Written by Enrico Gallorini ITA

Enrico Gallorini è esperto conoscitore del settore fieristico. CEO di GRS Ricerca e Strategia (www.grsnet.it), si occupa di business intelligence e customer insights. Laureato in Economia e Commercio Estero, ha una seconda laurea in Marketing con Specializzazione in Comunicazione Aziendale presso Ca’ Foscari Venezia. Ha conseguito un Global Executive MBA presso l’Università SDA Bocconi, ed un Leadership Course in Strategic Marketing Management presso l'Università Harvard Business School.

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