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No, non ci siamo innamorati degli eventi virtuali… e neanche i nostri beneficiari (visitatori ed espositori)!

27-lug-2020 02.25.46 | Enrico Gallorini ITA

Enrico GalloriniDa grande sostenitore del settore delle fiere, e con un “osservatorio” privilegiato, come quello di GRS società di ricerca specializzata, con dialogo costante con decine di organizzatori fieristici in differenti parti del mondo… sono convinto che gli organizzatori di fiere “ricadranno nelle vecchie abitudini” post-Covid… Ma questa secondo me, non è negativo se sapranno cogliere il massimo da questo “quantum leap” digitale per migliorare gli incontri face-to-face potenziando lo strumento fieristico “fisico”, portandolo ad un altro livello.

GRS ha condotto recentemente lo studio “Exhibition Outlook – The impact of COVID-19 on the exhibition industry” (per maggiori dettagli: https://outlook.exponetwork.it/)

I dati sono davvero shoccanti: quasi il 90% degli organizzatori ha dichiarato che una o più fiere sotto la loro responsabilità è stata posticipata o cancellata… e questo è un dato abbastanza omogeneo in tutto il mondo.

Forbes ha scritto recentemente che l’industria degli eventi si sta spostando con successo “online”… davvero?

Onestamente non lo credo proprio… e vi assicuro che il mio non è un commento basato su una opinione, ma lo dico con cognizione di causa, avendo visto e lavorato su decine di eventi “virtuali” ed essendomi ormai fatto una grande conoscenza su cosa e come questi eventi sono percepiti da Visitatori, Espositori ed ovviamente Organizzatori.

 

I clienti B2B opteranno per gli eventi virtuali al posto degli incontri fisici?

Questo è ciò che il settore fieristico si sta chiedendo. E la risposta è …

Come ricercatore, che ha lavorato tutta la vita attraverso l’utilizzo dei dati in modo strategico, non ho dubbi che il digitale sia parte fondante dei miei pensieri… ma una affermazione del genere, lo trovo alquanto ironica.

Sarò chiaro: non credo che le società del mondo fieristico adotteranno il digitale nel loro modello di business, e sono certo che i beneficiari delle fiere hanno una forte intenzione a “evolvere” il sistema fieristico classico… ma sicuramente non con un passaggio “100% virtual”.

Mi spiego:

ho avuto il piacere di essere stato coinvolto in un progetto sperimentale chiamato Exhibitions Think Tank (ETT) organizzato dall'inglese MBB Consulting Group, che suggerisco a tutti (maggiori informazioni clicca qui).

ETT era un progetto online che raccoglieva più di 100 professionisti del settore fieristico provenienti da tutto il mondo per cercare risposte su come le aziende dovrebbero trasformarsi dopo la pandemia.

La maggior parte delle sessioni del gruppo di lavoro si è concentrata sulla trasformazione digitale. Un argomento importante e per il quale molti erano ansiosi di presentare una proposta. Alla fine del progetto ci siamo chiesti: "Come possiamo fare per non ricadere nelle vecchie abitudini?

L'opinione del mio gruppo era: "È probabile che ci ricascheremo". E le ragioni sono le seguenti:

 

Cultura e modello economico incompatibili

L'innovazione è cultura, se non culto, mentre il mondo degli eventi è molto pratico. Per chi mi conosce, sa che la mia visione delle fiere è estremamente collegata ai concetti più articolati del “ciclo di vita” del prodotto fieristico, che è quasi un “unicum” nel mondo del business.

I ricavi a breve termine sono un ostacolo all'innovazione, la scadenza “fieristica” è poi una “spada di Damocle” al risultato a breve/brevissimo, perché la fiera è la unica fonte di ricavo ed avviene in uno spazio/tempo preciso: perso quello slot, finisce tutto.

Se un organizzatore vuole costruire una cultura dell'innovazione, è molto probabile che si troverà di fronte al dilemma dell'innovatore e alla lotta tra la necessità/ricerca di un guadagno economico a breve termine e l'alta probabilità che le tecnologie che adotta non funzionino per questo scopo.

In effetti, un piano di innovazione richiede anni di lavoro per ottenere un ritorno economico sostenibile. Per un'azienda fieristica, la vendita di metri quadrati è una scommessa sicura con buoni (se non ottimi) margini di profitto nel brevissimo termine.

L’impatto del Covid-19 sulla nostra industry non è stato abbastanza forte da spingere tutti fuori dalla zona di comfort; non vedo tra gli organizzatori una necessità immediata di rinunciare al modello del metro quadrato tale da spingerli a “reinventare la ruota”… i guadagni ed il sostegno enorme da parte degli investitori stanno permettendo di traghettare il periodo senza fiera oltre il previsto ciclo di vita. E da un punto di vista puramente pratico, questo esercizio è una ottima notizia.

 

Infrastrutture incompatibili

Non sto suggerendo che gli eventi dal vivo non debbano diventare digitali. Al contrario, l'esperienza digitale è difficilmente paragonabile a un faccia a faccia - e questo non è il momento giusto.

È vero che il sourcing online e i mercati virtuali possono presentare un'alternativa alle fiere. Devo anche ammettere che negli ultimi 20 anni abbiamo assistito a numerose innovazioni lanciate dalle aziende fieristiche. Purtroppo, praticamente tutte sono fallite per mancanza di pazienza, di focus, di impegno nel breve termine e di vari difetti tecnici.

Gli americani dicono che quando c’è un problema bisogna analizzarlo nel suo insieme… qui stiamo parlando di due enormi problemi:

1- Problema digitale: la tecnologia non è pronta, e indipendentemente dal fatto che vari studi dicano che in 4 mesi abbiamo fatto un passo avanti di 10 anni digitali… beh… come ogni cosa… quando si saltano le tappe, poi tutto si sfascia… oggi sappiamo che la tecnologia per i virtual events non è pronta, e basta.

2- Problema “serendipity”: l’engagement che un visitatore o un espositore vivono quando decidono di partecipare ad una fiera ha un livello di “interesse” ed “attenzione” totalmente differente rispetto alla partecipazione ad un evento digitale. Recentemente ho avuto la possibilità di partecipare ad un evento fisico dopo alcuni mesi (AI Everything a Dubai, maggiori informazioni qui), e in pochi minuti mi sono ricordato quanto questa sia una esperienza “FONDAMENTALE” per la sua interezza. Quella serenità mentale di essere lì, e non in ufficio, di potersi muovere, nei tempi e negli spazi, di poter vedere persone indipendentemente da una agenda “folle” di varie zoom call… ah… che bello passeggiare e lasciarsi trasportare dai vari “stand”, guardando ed osservando il “futuro”…

 

Perché non ora per l’avvento della VR?

Gli inizi delle fiere virtuali risalgono al 2003, quando Linden Lab lanciò il gioco di ruolo Second Life. Sette anni dopo, l'iconica fiera della tecnologia COMDEX è stata rilanciata come evento virtuale. COMDEX ha reso una vera e propria fiera un ambiente virtuale e digitalizzato. Da allora, non è cambiato molto. La simulazione nel mondo virtuale non può riprodurre un'esperienza paragonabile al mondo fisico.

Indossare un visore VR per interagire in una fiera potrebbe sembrare figo per alcuni e sembrare stupido per altri. La realtà virtuale è ancora un'esperienza innaturale. Inoltre, l'infrastruttura tecnica necessaria per fornire l'esperienza virtuale non è facile da applicare all'industria fieristica. Inoltre, la maggior parte delle fiere virtuali sono gestite da terzi, il che crea essenzialmente una dipendenza da questo tipo di operatori.

Infine il problema vero è sempre quello … il contenuto… quanto costa per un espositore fare uno stand in realtà virtuale e comprare un paio di pareti di legno e metterci qualche schermo?

 

Migliorare l'esperienza dell'evento è più importante della digitalizzazione dello show

Quindi, perché non creare un team digitale per reinventare il business per il futuro?

Questa domanda secondo me rappresenta il passato.

L'innovazione non è solo I.T., anzi… è strategia!

Il business degli eventi è ancora un business di contenuti. Molti nel settore degli eventi stanno elogiando (io per primo) eventi di trasformazione come SXSW, Burning Man, TED Talks, e i festival musicali come Tomorrowland e Coachella.

Tutti questi eventi non sono di per sé fisici e digitali. Gli organizzatori sanno certamente come integrare i contenuti digitali nell'esperienza fisica dell'evento, con una visione strategica davvero molto approfondita, dopo aver studiato e analizzato i vari desiderata dei propri beneficiari.

(su questo elemento ho tenuto una conferenza recentemente, di cui vi invito il link per il mio intervento sui virtual events da un punto di vista strategico: clicca qui)

L'esperienza e il “viaggio” dei partecipanti a questi festival sono davvero trasformativi, con un coinvolgimento e un'interazione integrati lungo tutti i punti di contatto tra pubblico e organizzatore. Anche se l'impegno dei visitatori ha molti aspetti personali e creativi, questi eventi non sono organizzati meccanicamente, con aspetti come avatar o simili… a breve dovrei ricevere il mio “kit” per partecipare a Tomorrowland in formato “virtual” e sono già tutto emozionato!

Scriverò di questa esperienza a breve…

 

Prospettive post-Covid

Quando la pandemia sarà finita, l'industria degli eventi tornerà ad occuparsi di eventi face-to-face… con quella spinta “digital” che sempre di più chiameremo “Hybridazione” degli eventi.

Le fiere totalmente virtuali saranno abbandonate e a queste si aggiungerà l'esperienza dal vivo con i contenuti digitalizzati, come il live-streaming, matchmaking supportati da serie attività di machine learning, profonde analisi e studi sui bisogni dei beneficiari (espositori e visitatori), e tanta tanta tanta attenzione alla customer experience, che dovrà davvero essere centrale nelle strategie, come l’ancora più importante approfondimento della conoscenza delle dinamiche della filiera ed i suoi specifici “needs” da intercettare e risolvere.

L'innovazione digitale avrà ancora un ruolo importante nel migliorare l'esperienza dell'evento, ma non sostituirà il tocco umano degli eventi. Quello, beh… abbiamo capito davvero in modo chiaro che è fondamentale.

Quando i social media sono diventati parte della nostra routine quotidiana, non ci hanno impedito di interagire nel mondo reale.  E fare doppio click sulla mia faccia non assomiglia affatto ad un abbraccio… ma sicuramente la nostra attenzione dovrà essere ancora più “precisa” su come utilizzare la grande opportunità data da questo “stop” forzato, per inserire nelle nostre strategia quanto di buono abbiamo imparato da questa indigestione digitale.

Un abbraccio virtuale a tutti, nella speranza di vederci presto in fiera!

Written by Enrico Gallorini ITA

Enrico Gallorini è esperto conoscitore del settore fieristico. CEO di GRS Ricerca e Strategia (www.grsnet.it), si occupa di business intelligence e customer insights. Laureato in Economia e Commercio Estero, ha una seconda laurea in Marketing con Specializzazione in Comunicazione Aziendale presso Ca’ Foscari Venezia. Ha conseguito un Global Executive MBA presso l’Università SDA Bocconi, ed un Leadership Course in Strategic Marketing Management presso l'Università Harvard Business School.

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